27.7.07

Technocracy, Inc. - 1: Storia

Technocracy è un movimento sociale e politico nato negli USA negli anni '20 e '30 del secolo scorso per sostenere l'idea di una società fondata sulla scienza e la tecnologia, in cui il benessere della società è ottimizzato dall'uso della scienza (anche e soprattutto come metodo) e della tecnologia. Sopravvive tutt'oggi con il nome di "Technocracy, Inc.".

L'idea alla base del Technocracy Movement - Movimento per la Tecnocrazia - nasce intorno alla fine del XIX secolo, dall'idea di alcuni sociologi ed economisti - tra i quali Thorstein Vleben e John Commons - di una "gestione scientifica" dell'economia, basata sulla sua visione dell'economia come fenomeno socialmente, non individualmente determinato. Su queste basi, dopo la fine della prima guerra mondiale si formano le prime organizzazioni tecnocratiche, che finiscono per confluire tutte nella "Technical Alliance", vero e proprio "Think Tank" di scienziati e tecnici. Dopo aver pubblicato un rapporto sull'uso dell'energia nell'america del nord, il gruppo si scioglie. Howard Scott, ex-membro della "Technical Alliance", fonda "Technocracy Incorporated" che, partendo dagli studi degli "economisti istituzionali" come Vleben e della "Technical Alliance", propone di applicare queste conoscenze alla società e alla politica. La depressione del '29 e le lezioni itineranti dell'organizzazione, le fecero avere un certo successo, proprio negli anni della depressione, e viste la premesse e i principi, non c'è assolutamente di che stupirsi:

"Non ci sono problemi insormontabili davanti al popolo americano. Possiamo avere la prosperità nello stesso momento in cui decidiamo di ottenerla. Non è necessario aspettare l'Europa un solo mese di più. Dimenticatevi le indennità tedesche. Non vi preoccupate di cosa la Lega delle Nazioni faccia o non faccia. Per quanto riguarda il Congresso, lasciatelo andare avanti a parlare; non è rilevante. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno per raggiungere la prosperità è una ricchezza naturale sufficiente, capacità sufficienti, equipaggiamento industriale sufficiente, sufficiente forza lavoro e una guida razionale. Abbiamo tutto quello che ci serve, eccetto l'ultima, e non c'è ragione plausibile perchè noi non la si possa avere non appena i "tecnici" decidano di unirsi."

(Howard Scott, da un'intervista del 1921)

Il "triumvirato" di Technochracy, Inc.: M. King Hubbert,
Howard Scott, Dal Hitchcock.


Basandosi sul rapporto della "Technical Alliance" i membri di "Technocracy Incorporated" osservano come l'occupazione industriale, raggiunto il suo apice nel 1919, è in continuo declino, nonostante la produzione industriale sia in continua crescita. Questa situazione porta a considerare un futuro ove la produzione industriale, sempre meno bisognosa di manodopera, avrebbe continuato a crescere fino a saturare un mercato incapace economicamente di assorbirla.

Ispirandosi ad un opera di Vleben, "The Engineers and the Price System", i "Tecnocrati" avanzano la loro proposta: privazione del controllo del sistema economico al mercato per consegnarlo nelle mani dei tecnici ("engineers"), vale a dire quello che si credeva stesse succedendo in Unione Sovietica. Nel periodo più buio della grande depressione, la proposta dei "Tecnocrati" sembrava la soluzione e la spiegazione - per di più scientifica - di tutto e per tutto. Nel 1933 i "Tecnocrati" rimbalzano da un giornale all'altro, fino al prestigioso Time Magazine. La diffusione del movimento era tale che in molte una città vennero aperte più sezioni, sezioni alle quali qualsiasi cittadino americano poteva iscriversi, tranne i politici.

Meno di un anno dopo, l'attenzione del pubblico americano aveva abbandonato i "Tecnocrati" per concentrarsi sul "New Deal" di Roosevelt. La "Technocracy Incorporated" è comunque in qualche modo sopravvissuta fino ad oggi, sotto la denominazione di "Technocracy, Inc.".

L'associazione e le sue teorie hanno avuto un breve ritorno di fiamma durante la crisi energetica in seguito alla guerra del Kippur.

18.7.07

Stop ai pirati (quelli veri)

Se qualcuno ha già sentito parlare del "caso Peppermint" e della simil-estorsione a danno dei 3636 utenti P2P italiani, è arrivata (finalmente) una buona notizia: sembra infatti che le leggi dello stato, quelle promulgate dai nostri legittimi rappresentanti per intenderci, non servano solo a fare da zavorra ai dirigibili.
"Roma - La cavalcata antiP2P dei detentori del diritto d'autore contro migliaia di utenti italiani ha subìto un primo e forse decisivo stop. Il Tribunale di Roma ha infatti respinto i ricorsi che l'ormai celeberrima Peppermint, insieme a Techland, entrambi clienti Logistep, avevano presentato per cercare di farsi consegnare i nomi di utenti italiani dei sistemi di sharing, come già accaduto in passato."
"Secondo Cortiana "quello che si stava configurando come uno spamming estorsivo trova una robusta interruzione. Sarebbe stupido dire che ha vinto la pirateria, piuttosto hanno vinto il diritto e le garanzie previste dalla legge per tutti i cittadini, famosi o meno che siano. Ora occorre non esitare oltre per cambiare la Legge Urbani affinché i modelli di business prendano corpo nel rispetto della natura di condivisione della rete come impresa cognitiva collettiva"."
(Da Punto Informatico).
E' un segnale importante: la battaglia di retroguardia per difendere i "copy-privilegi", quella che vuole stabilire che gli utenti sono tutti colpevoli fino a prova contraria, ha subito un arresto. Di principio. Il principio è che la tutela di presunti diritti non può scavalcare i diritti veri.
E non è una cosa da poco, tanto meno alla luce di quello che sta succedendo alla EMI. Al di là dei dati aleatori forniti dalle majors sui loro (presunte) perdite, e tenendo ben presente il caso del virus-spyware della Sony, è chiaro che il cittadino-consumatore compra più volentieri, quando non viene automaticamente etichettato come delinquente.

9.7.07

Technè e immigrazione

Immigrazione come fattore negativo nel progresso tecnologico e politico.

Non è chiaro cosa si intenda quando si dice che l'immigrazione è un vantaggio per l'occidente. In termini immediati, essa può costituire un mero risparmio o un minimo guadagno, ma a lungo andare i vantaggi vengono drammaticamente superati dai danni a lungo termine provocati da una politica miope e vagamente neo-luddista.

La mano d'opera sottopagata, più conveniente nell'immediato, impedisce la piena introduzione della produzione automatizzata, con tutto ciò che ne consegue per la ricerca nel campo della tecnologia, in particolare in quello dell'intelligenza artificiale. In questo modo si protrae indefinitamente il definitivo affermarsi della società post-industriale.

Questo comporta molti svantaggi: impoverimento o stagnazione tecnologica occidentale, con conseguente riduzione del gap tecnologico tra l'occidente e le dittature dei paesi arretrati, che hanno buon gioco nel rincorrere il nostro status quo senza la fatica del progresso (si veda a tal proposito quanto scrive Raymond Aron sui "vantaggi dell'arretratezza"). Altro svantaggio è la persistenza del modello industriale e delle sue debolezze. Debolezze su cui i movimenti antisistemici, naturali alleati delle dittature terzomondiste, fanno leva e raccolgono consenso. In altre parole, finchè ci saranno cinesi che lavorano per 14 ore al giorno per 1€ l'ora, continueranno a esserci industrie che fanno largo uso di mano d'opera umana, manodopera naturalmente sottopagata e sottoistruita, che alimenta sindacati-serbatoi di voti per partiti antisistemici (con i sindacati stessi ad agire come movimenti antisistemici) i quali, in cambio, promettono improbabili "paradisi terrestri", e che, scientemente o no, sostengono dittature terzomondiste e religiose. Dittature che, in cambio, alimentano lo status quo con successive ondate migratorie. Inoltre le masse sottoistruite e perciò molto religiose, provenienti dal terzo mondo, finiscono per ghettizzarsi e radicalizzarsi, diventando "carne da cannone" per questa o per quella chiesa, coinvolgendo nella loro radicalizzazione anche coloro che, più istruiti, potrebbero essere invece ad un tempo antidoto e cura alla radicalizzazione.

Facendo leva su presunte colpe dell'occidente e con la prepotenza che è tipica dei sottoistruiti, impongono ai movimenti e partiti antisistemici una sorta di "intoccabilità" e di alterazione localizzata dei principi di diritto. Così si finisce per tollerare in qualche modo le leggi e le scuole religiose, il cui scopo è il perpetuare della sottoistruzione e della fedeltà assoluta a valori prodotti dalla superstizione. Va da se che la fedeltà assoluta sia poi anche nei confronti del leader religiosi.
Il ricatto di un malinteso multiculturalismo finisce così per essere più dannoso delle presunte colpe di un colonialismo che esiste solo nella mitologia dei movimenti e dei partiti antisistemici.
Così anche i partiti e i movimenti antisistemici che sono in un certo modo favorevoli al progresso scientifico e tecnologico, si trovano ad essere essi stessi complici nell'affermazione e nella diffusione della cultura della sottoistruzione, della superstizione e del fanatismo religioso.

Naturalmente i movimenti e partiti antisistemici sono (neanche tanto) velatamente neo-luddisti, per meri interessi - peraltro a molto breve termine - di bottega (leggi: ritorno elettorale), e finiscono per formare una "empia alleanza" con i bio-luddisti religiosi che, in quanto religiosi, sono il prodotto della stessa matrice ideologica di molte dittature terzomondiste. A questo punto le forze in campo nella guerra contro la modernità, benchè facciano di tutto per far notare - pubblicamente - il loro guardarsi in cagnesco, finiscono in realtà per saldarsi, fino a perdere una qualsivoglia forma di chiara delimitazione.

Tirando le somme otteniamo molteplici fattori negativi: radicalizzazione del confronto tra realtà religiose, con conseguente focalizzazione dell'attenzione della politica e dell'opinione pubblica su temi neo- e bio-luddisti; compromissione della ricerca tecnologica e scientifica, sia per la temporanea scarsa utilità, sia per il rafforzarsi delle spinte neo- e bio-luddiste; creazione di vere e proprie "teste di ponte" di fondamentalismo religioso, sia indigeno che importato, con conseguente capacità di ricatto politico e inquinamento e indebolimento della società e delle istituzioni politche;

La conseguenza è che il progresso scientifico e tecnologico, finisce per essere zavorrato dal peso di manodopere ormai pressochè inutili e di politiche - scientemente o no - complici.
I risultati sono l'impoverimento e la stagnazione tecnologica e evoluzionistica dell'occidente. E la sua conseguente vulnerabilità - sociale, politica finanche militare - nei confronti delle dittature terzomondiste, i cui scopi sono tutt'altro che oscuri.